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UGUALE ... E' DIVERSO: QUOTA 32


Continua la serie di repliche


Nuova proposta e nuovo successo: il Liceo “Tedone” ha realizzato il suo trentaduesimo spettacolo teatrale. Dopo i matinée destinati agli studenti del Liceo e a numerose classi di scuole elementari e medie, il gruppo teatrale del “Tedone”, guidato dalla professoressa Teresa Valente, ha proposto per due serate consecutive, in un auditorium gremito di pubblico, la commedia Uguale… è diverso!

Ancora una volta - per la sesta volta - si tratta di un testo creato dagli studenti: i 50 alunni della terza e quarta F che, durante lo scorso anno scolastico, all’interno di un P.O.N. intitolato “Scrivo il mio testo teatrale”, hanno lavorato per ideare e stendere la commedia da portare in scena. 

Prestando un po’ l’orecchio, da una parte al Pigmalione di George Bernard Shaw, e dall’altra al Cirano di Bergerac di Rostand, è nato questo testo che narra le traversie di un giovane pescivendolo meridionale e la sua ricerca di una via per riscattarsi dalla condizione di “diverso”, dall’emarginazione a cui è condannato dalla sua stessa ignoranza. Problemi seri e di grande attualità, ma come sempre presentati in chiave ironico-giocosa: da un lato le devianze giovanili, i condizionamenti di amicizie pericolose, le fragilità adolescenziali; dall’altro l’importanza dell’istruzione e della cultura come strumenti di emancipazione, e il fascino della poesia. Il protagonista, diseredato culturale, al bivio fra due scelte – l’ingresso in un branco di teppisti e l’esperienza di “interpretare” il ruolo di un giovane colto e brillante- attraverso un faticoso percorso di formazione, trova la sua strada e decide di “resistere” alla tentazione di una vita senza freni e limiti prospettata dal branco; conquistarsi una nuova identità e, impegnandosi per diventare realmente il giovane colto e brillante che doveva “fingere” di essere, “esistere” nella società senza sentirsi un “diverso”. Per sviluppare il tema centrale, la riflessione sull’importanza e il valore della cultura e dell’istruzione, il testo propone un confronto o meglio uno scontro di diverse culture e linguaggi. C’è la cultura della devianza, quella del branco, aggressiva già nel codice espressivo; trasgressiva, cinica e insofferente di regole, inneggiante alla droga, allo stupro, alla violenza, perché “menando legnate a nastro, ci si diverte a bestia!” C’è la cultura del giovane pescivendolo, veicolata dal suo dialetto italianizzato, fatta di luoghi comuni e maniere spicciole, pronta a percorrere scorciatoie; una cultura da bulletto di provincia, fiero e compiaciuta di aver “pigliato la porta” e lasciato la scuola; e per altro verso, la cultura di Caterinella che “ignoranda e buona si va ad imbarare alla scuola serale”. C’è la cultura di Mrs Stranger, gentildonna inglese, fatta di buone maniere e galanterie ormai fuori del tempo. C’è la cultura come ornamento da sfoggiare, da esibire, che spinge due coniugi della buona borghesia ad inventarsi un figlio pluri laureato, per non essere da meno rispetto agli altri soci di un circolo culturale. C’è la cultura come strumento di potere, da ostentare anche barando, visto che “certa gente mostra di essere più di quello che è, e di saperne più di quanto ne sa” puntando ad un dialogo non paritario “per farti sentire diverso”. C’è infine la cultura di Genietto, che è “un punto di vista sulle cose”; che non significa ripetere parole di altri, ma saper pensare con la propria testa; che è padronanza dei mezzi espressivi, perché come diceva don Milani, “E’ solo la lingua che fa eguali” perché “ Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa di meno”. E insieme alla cultura c’è il fascino della poesia: a Toruccio che, ascoltati dei versi di Neruda, commenta: “Aho! E’bella!... Non tando l’ho capita, però…!” Genietto risponde: “ La vera poesia può comunicare anche prima di essere capita.”